giovedì 30 settembre 2010

PREMI VINI D'ITALIA DE L'ESPRESSO 2011: I ROSSI TOSCANI

Michele Braganti (Monteraponi), grintoso in vigna
 Mi piace tenere questa classifica come riferimento, dato che ho sempre valutato come molto affidabile la guida vini de L'Espresso (l'unica italiana cui do piuttosto fiducia, almeno finora). E mi pare che sui nomi presenti non ci sia molto da dire. Forse ne mancano alcuni, ma non si può avere la perfezione. Non mettere Biondi Santi sarebbe stato un abominio... magari mettere anche le Chiuse di Sotto e Le Macioche sarebbe stato anche meglio. Soldera sarebbe lì in testa, ma non è interessato a dare campioni.
Questo elenco potrà essere una base di confronto, già nella veloce degustazione del 7 ottobre a Firenze. E per futuri confronti sui Chianti Classico e sui Brunello da fare in loco, con gli amici produttori. Complimenti a Martino Manetti (che è una star, lo sappiamo bene e da tempo) e Michele Braganti, rispettivamente per Pergole/Montevertine e Baron'Ugo, non certo una sorpresa. I loro vini erano ugualmente buoni anche senza premio! Appena possibile, voglio fare uno scontro al vertice tra i 4 grandi raddesi, su pari annata. Sarebbe molto interessante farlo adesso sulle loro 2003 riserva: Pergole Torte, Doccio a Matteo Caparsa, Val delle Corti Ris, Il Campitello Monteraponi... occhio al Doccio 2003 adesso!
Infine, complimenti a I Fabbri di Lamole, conosciuti e apprezzati di recente alla festa di Andrea Pagliantini, andrò a trovarli appena potrò! :)

19.5 Il Caberlot 2007 Il Carnasciale
19.5 Le Pergole Torte 2007 Montevertine
18.5 Bolgheri Rosso Superiore Ornellaia 2007 Ornellaia
18.5 Bolgheri Sassicaia 2007 San Guido
18.5 Brunello di Montalcino Riserva Piaggione 2004 Salicutti
18.5 Chianti Classico 2007 Riecine
18.5 Chianti Classico Riserva 2005 Castell’in Villa
18.5 Chianti Rufina Riserva Vigneto Bucerchiale 2007 Selvapiana
18.5 Masseto 2007 Ornellaia
18.5 Montevertine 2007 Montevertine
18.5 Poggio de’ Colli 2008 Piaggia
18.5 Rosso di Montalcino 2007 Poggio di Sotto
18.5 Rosso di Montalcino 2007 Stella di Campalto
18 Acciaiolo 2007 Castello d’Albola
18 Bolgheri Rosso Superiore Campo al Fico 2007 I Luoghi
18 Brunello di Montalcino 2005 Poggio di Sotto
18 Brunello di Montalcino 2005 Sesti
18 Brunello di Montalcino Riserva 2004 Biondi Santi
18 Brunello di Montalcino Riserva 2004 Fuligni
18 Brunello di Montalcino Riserva 2004 La Palazzetta
18 Brunello di Montalcino Riserva 2004 Le Potazzine
18 Brunello di Montalcino Riserva 2004 Podere Brizio
18 Brunello di Montalcino Riserva 1 2 3 2004 Solaria
18 Campo alla Sughera 2006 Campo alla Sughera
18 Carmignano Riserva Montalbiolo 2007 Ambra
18 Cepparello 2007 Isole e Olena
18 Chianti Classico Riserva 2006 Vecchie Terre di Montefili
18 Chianti Classico Riserva 2007 I Fabbri
18 Chianti Classico Riserva Baron’Ugo 2006 Monteraponi
18 Colline Lucchesi Rosso Tenuta di Valgiano 2007 Valgiano
18 Montecucco Rosso Sacromonte 2007 Potentino
18 Montecucco Sangiovese Grotte Rosse 2007 Salustri Leonardo
18 Pian de’ Guardi 2006 Il Lago
18 Rocca di Frassinello 2008 Rocca di Frassinello
18 Syrah Collezione De Marchi 2006 Isole e Olena
18 Vino Nobile di Montepulciano Riserva 2006 Il Conventino
18 Vino Nobile di Montepulciano Simposio 2007 Trerose

sabato 25 settembre 2010

MONTEPULCIANO CERASUOLO VALENTINI, UN ABRUZZESE DI TALENTO PER UMBRI APPASSIONATI

Ieri bella serata al Met di Terni, in compagnia di cari amici con la stessa comune passione e il bisogno di capire fino in fondo cosa succede dentro una bottiglia di vino, magari divertendosi in compagnia. Il tema era il rosato naturale, particolarmente il Montepulciano Cerasuolo di Valentini. Una verticale non rigorosa, con molti ringers, a rendere più divertente e probante il confronto. Va detto subito che la grandezza di questo vino non era in discussione. E se lo fosse stata, con ieri quei pochisssimi dubbi sono spariti.
Le annate presenti erano 1994-2005-2006-2007-2008
La consueta diversità marcatissima da annata ad annata, ben percepita, dato che non abbiamo messo in mezzo diversivi, bolle od altro, quindi naso e palato fresco e subito a studiare quello che suiccedeva nel bicchiere. Unico elemento di confronto diretto, la sovrapposizione di due annate di Rosato Massa Vecchia (2004 con cabernet e malvasia, acido e volatile controllata; 2006 con merlot, selvaggio, scuro, volatile sparata) vini realizzati con intenti simili ma molto diversi per territorio e risultato finale.
Andando a ritroso nel tempo, si può partire con il Montepulciano Cerasuolo Valentini 2008, ancora molto indietro, con le tipiche riduzioni marcate e stallatici vari. Per chi ancora non lo sapesse, sotto questi "puzzi" cova sempre un grande vino, se ragioniamo di Valentini e della sua metodica di vinificazione. Vanno attesi, evidentemente il vino deve affinarsi, e non poco. Il colore è particolarmente acceso, da vino giovanissimo.
Montepulciano Cerasuolo Valentini 2007, più chiaro, forte taglio acido, mobile ma ancora monolitico. Mobilità avvertita sulle prime, una volta riassaggiato tende a diventare statico, compresso, non disteso. Darà soddisfazioni ma va ugualmente atteso. Al contrario del 2008, non ci sono tracce evidenti di stallatico, il vino è pulito. 92/100
Montepulciano Cerasuolo Valentini 2006, ancora uno stadio più avanzato nela maturazione, escono fuori i caratteri pienamente territoriali e la firma indistinguibile dei Valentini. Su un sottofondo netto di caffè, escono sapidità marine, acciughe con capperi sopra a tutto. 91/100
Montepulciano Cerasuolo Valentini 2005, il colore è intenso, simile al 2008, riemerge anche lo stallatico, ma in grado di esprimere una grande varietà di emozioni, sensazioni, decodificabili in descrittori di salmastrato, pesce crudo. Si distende ed allunga su un boun finale. 91/100
Montepulciano Cerasuolo Valentini 1994. Veniamo quindi alla star della serata, la prova provata. Bottiglia maltrattata, terza di un gruppo di tre bottiglie apparentemente mal conservate, tenute in casa, soggette per anni a quello che gli appassionati considerano una "cattiva conservazione". Bene, se questi sono i risultati, le pignolerie da cantina high-tech dovrebbero essere ripensate con attenzione. Diciamo subito, vino straordinario. Una cascata progressiva di sensazioni, straordinario su toni terziari, cipria, sherry, archemes, anice, un tono sommesso ma di grande classe. Mi ricorda a tratti una Coulèe de Serrant di Joly 1989, bevuta tempo fa. Un sogno, purtroppo irripetibile, temo che bottiglie in giro ne restino ben poche. 94/100
Conviene sempre fare scorte ampie di Valentini, le emozioni variegate e imprevedibili che possono dare nel tempo, meritano un'attesa fiduciosa e bevute empiriche da spalmare negli anni, addirittura nei decenni.

ENOCLUB SIENA: VOLONTARIATO, ASSOCIAZIONISMO E VINO

Come si inserisce e come viene percepito il lavoro dell'Enoclub Siena, quali diffidenze deve superare ed entro quali dinamiche si muove?
Essendo un'associazione senza scopo di lucro (e non è un modo di dire), qualunque attività va autofinanziata dai soci, con piccole quote annuali. In aggiunta, possono intervenire aiuti esterni: contributi pubblici e privati, di istituzioni e, talvolta, sporadiche modalità di finanziamento commerciale (entro i limiti definiti dalla legge), per esempio lotterie, raccolte fondi o altro. 
 Parliamo di volontariato, dato che nessuno percepisce stipendi per il "lavoro" che svolge e spesso deve metterci del suo, anticipando spese anche ingenti e con lunghe attese di rientro dal prestito.
Questi soldi a cosa servono? Intanto a pagare le spese vive: telefonate, collegamenti internet, benzina, spese tipografiche, cancelleria, bicchieri, etc. Avere un minimo di cassa consente di progettare iniziative senza costringere il singolo socio (non di rado il sottoscritto) ad anticipare magari duemila euro di tasca propria per la buona riuscita di un'iniziativa. Peraltro, dato che lo scopo è quello della diffusione del buon bere, si stanno cercando di fare molte iniziative gratuite, con le spese coperte nelle modalità sopra esposte. 
Purtroppo c'è chi ci vede secondi fini: impiegare centinaia se non migliaia di ore del proprio tempo libero (e anche non libero) non è sufficiente. Si è troppo abituati a pensare al vino come ad una semplice merce, il cui valore culturale diventa un pretesto per fare cassa; al limite si pensa che il vino possa essere promosso ma solo con iniziative a pagamento, dove i costi sono a carico dell'utente/consumatore finale, spesso attirato una tantum con sirene (leggi grandi manifestazioni) e poi lasciato in balia di sè stesso. Un calendario costante di iniziative di conoscenza e promozione, con un'attenzione specifica alle problematiche del consumatore-appassionato di vino, con i costi spalmati tra soci, aziende ed enti pubblici, richiede uno sforzo fisico e diplomatico incessante. Quando gratuiti, questi incontri sono rivolti a tutta la cittadinanza e vengono svolti in luoghi inediti (e bellissimi, nel centro storico della nostra splendida città), come è stato il caso di Vino & Contrade, iniziativa che cercheremo di ripetere in maniera ancora più articolata ed interessante. In tutto questo, molti produttori ed operatori del settore della nostra zona hanno aderito con entusiasmo, mettendo a disposizione i loro spazi, i loro prodotti e il loro tempo, certamente anche nella speranza di un ritorno indiretto di immagine ma anche nella convinzione che si debba supplire ad un vuoto promozionale, ad una mancanza di strategie efficaci nel dialogo tra produttore e consumatori. E' nell'interesse di tutti continuare a promuovere il nostro territorio e i nostri produttori. Ed è nell'interesse di tutti offrire ad appassionati e consumatori l'opportunità di conoscere meglio cosa si fa nelle campagne, nelle vigne senesi, toscane e non solo.
Nel nostro territorio costituiamo un elemento anomalo, certamente una novità. Come tale, c'è da superare qualche muro di gomma, comprensibile. Alle chiacchiere rispondiamo con i fatti, alle critiche con le iniziative. Il resto è aria fritta, compresa quella di molti professionisti dell'informazione sul vino.

giovedì 23 settembre 2010

VISITA DA COLLEONI, IMPRESSIONI A CALDO

Marino Colleoni - foto di Francesco Maule
Impressioni a caldo, a caldissimo (rientrato da un paio d'ore), della visita rivelazione da Colleoni, a Montalcino: tanti Brunello, tanta umanità. Marino e Luisa mi hanno aperto il cuore e il mio si aperto con il loro. Posizione incantevole, sopra Canalicchio, una vigna che sembra un giardino e un giardino con piccole piante di vite da seme. Panorama mozzafiato, con le luci notturne diventa indimenticabile.Ne riparlerò con calma, adesso ho bisogno di esternare il mio entusiasmo, seppur in maniera sintetica. Solo 2005 da bottiglia, il resto da botte:
2005 di beva straordinaria, a tavola regge il confronto con blasonatissimi, puntando su una frescezza inaudita.
2006 ancora ridotto ma darà belle soddisfazioni una volta affinato, materia soave e ben presente.
2007 grande figlio di grande annata, acidità, materia, taglio acuminato in un quadro aggraziato, equilibrato, a metà tra il maschio e il femmineo.
2008 emotivamente a metà tra il 2006 e il 2009, in costruzione, mostra la veritiera aderenza e il rigore nel lasciar parlare ogni anno nella sua lingua e con le sue parole.
2009 chiarissimo, quasi un rosè, per adesso. In bocca ha bella acidità e beva vorticosa. Marino non toccherà un bel niente, sarebbe facile fare i furbi e correggere lecitamente il colore. Casomai le commissioni di "bravoni" (gli stessi che hanno promosso le marmellate al lampone sempre uguali, per anni e anni) lo riterranno troppo chiaro, diventerà un IGT, pur essendo figlio non minore della Sacra Terra del Sangiovese Ilcinese. Pur essendo esattamente un Brunello, seppur atipico rispetto ad un... vabbè, non facciamo nomi... ;-)

http://www.youtube.com/watch?v=Vjiwn5CJQL4

giovedì 16 settembre 2010

VINO AL VINO A PANZANO IN CHIANTI, QUASI QUASI VADO...

Luca e Valeria Orsini - Podere Le Cinciole

Le panoramiche su singoli territori sono sempre un buon modo per conoscere i produttori di zona ottimizzando gli spostamenti. A Panzano in Chianti, Greve (FI) si è aperta oggi Vino al Vino.
Non mi sbilancio in giudizi aprioristici, preferirei andare sul posto ad assaggiare e parlare con i vari titolari. Poi magari mi azzardo con qualche valutazione più sensata...
La manifestazione è iniziata oggi. Il calice costa 12 euro. Questi gli orari dei prossimi tre giorni:
Venerdi 17 Settembre        
ore 12.00 - 19.30
Sabato 18 Settembre      
ore 11.00 - 20.00 - musica jazz dalle ore 18.00 alle 20.00
Domenica 19 Settembre    
ore 11.00 - 19.30 - musica jazz dalle ore 17.30 alle 19.30




E questo l'elenco dei 19 produttori
Castello dei Rampolla
Fattoria La Quercia
Fatttoria Rignana www.rignana.it
Il Molino di Grace www.ilmolinodigrace.it
La Marcellina www.lamarcellina.it
Le Cinciole www.lecinciole.it
Montebernardi www.montebernardi.it
Renzo Marinai www.renzomarinai.it
Tenuta degli Dei www.deglidei.com
Vecchie Terre di Montefili www.vecchieterredimontefili.com
Vignole www.nistri.it
Villa Cafaggio www.villacafaggio.it

Imprescindibile, Luca Orsini de Le Cinciole, produttore che già apprezzo per approccio leale e risultati di valore.

sabato 11 settembre 2010

CANALE YOUTUBE DELL'ENOCLUB SIENA

Appena aperto il canale Youtube dell'Enoclub Siena, ho inserito il primo video: il pranzo del 4 settembre, ostriche & champagne. A breve inserimenti su visite in azienda, degustazioni, Siena  e toscanità in genere.

mercoledì 8 settembre 2010

VECCHI CHAMPAGNE COLLARD ED INIZIAZIONE ALLE OSTRICHE

da www.grains-nobles.ch
Tornare al Ristorante da Simone a Colle Val d'Elsa è sempre un'esperienza piacevole. Un ritrovo tra amici, verrebbe quasi voglia di mettersi in ciabatte, girare la sedia e restare a veglia fino a chiusura. Cinzia e la sua vulcanica simpatia, Simone con il suo rigore e la sua passione.
E' anche l'occasione per ritrovare molte facce care e qualcuna nuova. Oggi proveremo un pranzo tutto a base di ostriche, tante ostriche.L'abbinamento è un po' desueto, lo Champagne con i mitili è ormai considerato superato, la sapidità marina e l'acidità mal si conciliano. Ma le cose vanno provate, prima di poterne parlare, non si possono fare teorie basandosi sul sentito dire, molto meglio un racconto vissuto, un bel pomeriggio a sperimentare con i sensi.
Il capitolo ostriche merita una trattazione più approfondita, sentiamo cosa ha da dire Simone, più volte recatosi in Francia a studiare la materia.
Assaggeremo la Fin De Claire e la Tsarskaya. Purtroppo la Selvaggia non era di buon livello e l'ha dovuta rimandare indietro all'importatore: è la più piccola, sapidissima. Idem la Belon, da provare più avanti A settembre devono completare il periodo di "allattamento", devono smaltire quella parte grassa che non  da un sapore ottimale. Ci sacrificheremo per una nuova prova, a novembre. ;)

La Fin De Claire è concava allungata, più salata, presa piccolissima a 30-60 gg dal mare, portata nei bacini di affinamento acqua mista-dolce, non proprio acqua di mare. Li comincia lo spurgo. I principali allevamenti sono a Perpignan, in una laguna, sulla costa mediterranea. Quelle che mangiamo noi invece vengono dalla Normandia.
La Tsarskaya è concava piatta., tendente ad essere circolare. Presa più tardi, fa 10-12 mesi in mare, poi 30 gg di affinamento e spurgo, si ingrassa e prende cibo. Con una leggera saporazione iodata.

Abbinate con pepe, prezzemolo, erba cipollina, yougurt, burro echire francese. Il burro francese è stato l'abbinamento più apprezzato, un po' da tutti: molto pannoso.
Proveremo in prossime esperienze gli abbinamenti alcolici con birre speziate, con Chablis belli freschi e con vini bianchi più dolci.

Mentre osserviamo il primo dei due piatti di dodici ostriche, cominciamo a riempire i calici. Mi concentro particolarmente sui tre Collard millesimati. Pinot Meunier, da produzione bio ante-litteram, pochi i trattamenti in vigna e niente malolattica. Renè Collard è morto da poco, nel 2009, aveva 88 anni. Dalla foto (da Mauro Erro-viandantebevitore) si evince già una grande naturalità  e semplicità di approccio, una saggezza antica perduta. Purtroppo è uno dei molti grandi vecchi del mondo del vino che non ho potuto conoscere. E' un grande rammarico, è stata una generazione che ancora oggi avrebbe molto da dirci.
Renè Collard Brut Cuvèe Reserve 1976 - Il colore è uno scintillante dorato, lucente. L'ossidazione è presente ma non disturba, la dolcezza in apertura era prevedibile, bolle ben presentii. Attendiamo. un po'. Ecco che dopo una mezz'ora già si distende, conservando discrezione e piacevolezza, il vino muove e muta, l'acidità è contenuta e non prevalente e il finale resta di buona tensione. Direi che ha ben superato la prova del tempo, sicuramente da ribere, se capiterà una nuova occasione. Non ben armonizzato con le ostriche Fin De Claire, ma certamente una bevuta di grande interesse. Direi un 91/100.

Renè Collard Brut Cuvèe Reserve 1985 - Qui purtroppo l'età si sente. O bottiglia storta, o magari è uno champagne nato subito zoppo, non ho metri di paragone. Puzzette al naso, stanco e greve. Lo sento brodoso, un brodo di asparagi. Direi perduto o andante. Ingiudicabile, peccato.

Renè Collard Brut Cuvèe Reserve 1990 - Si ritorna a godere, l'ossidazione è ben contenuta e l'acidità ancora sferzante. Le bolli sono fini e vivissime. Certamente un fanciullo, un cavallino scalpitante e vitalissimo. Un convinto 92/100








mercoledì 1 settembre 2010

MAI UGUALE A SE STESSA: MASSA VECCHIA

Tramonto sul Tirreno, spiaggia di Marina di Grosseto. Ogni sera è diverso. Per Ferragosto fu fantastico, perfetto: il sole atterrò sull'acqua come una palla di fuoco, esattamente nel lembo di mare a metà tra il profilo del promontorio che termina con Punta Ala e l'Isola d'Elba, in un cielo limpidissimo. Un' altra sera creò un fascio a raggera che tagliava i bordi di una nuvola grigia. E una volta sparì dietro la foschia molto presto, lasciando un po' di amaro in bocca a chi si era appostato sulla battigia per assistere al maestoso spettacolo di luci naturali. Ogni sera c'era attesa: vediamo come tramonta stasera...

 Francesca ci da appuntamento a metà pomeriggio. Ci attende pazientemente fuori dalla cantina. Pazienza, disponibilità, attenzione: atteggiamenti inusuali, parole importanti, con un rimando esatto quando si vestono attorno ad una giovane produttrice che fa della "coerente incoerenza", o "coerenza incoerente", un baluardo e un simbolo di libertà espressiva. Le radici sono importanti, dirà in cantina tra un sorso e l'altro. La terra d'origine, il continuo confronto amorevole tra uomo e natura. La base da cui partire per la sperimentazione, o meglio, per gli adattamenti che la natura richiede ogni anno. Si prova, si cambia, si scarta, si prende, si aggiusta. E ogni anno si raggiunge una linea di vini prodotti che è l'esatta figlia del lavoro fisico e mentale di un anno tra vigna, cantina e aria, dove i pensieri possono diventare castelli. Ma che a Massa Vecchia si concretizzano quasi sempre in bottiglie artigianali che possono definirsi "pezzi unici", "opere d'arte irripetibili", un vino fatto unicamente con mani e pensiero e mai con le macchine. La linea dei vini si modifica ogni anno, anche se da almeno dieci anni Fabrizio e Patrizia prima, Francesca adesso, tendono a offrire la gamma completa: bianco, rosato, rosso, passito, grappa. Letti così sembrano un elenco burocratico di una qualunque produzione industriale. Niente da fare. Anche qui tutto è mutabile. Le bottiglie sono poche, in tutto 14.000. Capita l'anno in cui i bianchi non vengono fatti (come nel 2008, pessima annata) oppure se ne fanno due; il rosato è a base di cabernet sauvignon con aggiunta di malvasia nera (nel 2005) oppure merlot e malvasia (nel 2006, ultima uscita); il vino da tavola è un taglio bordolese oppure sangiovese. Come giocare a 1-2-3 stella, ogni volta che riapri gli occhi (il tempo tra una visita e l'altra) e devi scoprire con i tuoi occhi cosa si è spostato, cosa c''è di diverso nella micro-produzione di Massa Vecchia.
Sono venuto per osservare, per parlare con Francesca e per assaggiare. Non ripartirò deluso.
Come si sa, siamo proprio sotto Massa Marittima, poco prima degli ultimi chilometri per il mare, per Follonica e Scarlino. Quando ero ragazzo passavo davanti al cartello giallo "Massa Vecchia", probabilmente lo stesso di oggi, è mi chiedevo cosa ci fosse su per quella stradina. Mi immaginavo scavi etruschi o resti alto-medievali o chissà cos'altro. Solo in età matura scopro che se venti e più anni fa avessi avuto la curiosità di svoltare e percorrerla quela stradina, avrei forse trovato Fabrizio Niccolaini intento a fare esperimenti con le prime uve o a lavorare in vigna, stivali nel fango.

Ma torniamo ad oggi, senza scorgere particolari cambiamenti negli intenti, rispetto ai primi tempi pionieristici. 
 Gli interventi nei piccoli appezzamenti, 3 ha a circa 200 mt slm, sono ridotti al minimo: tutto è manuale, sovescio a febbraio su terreno piano e fondo calcareo e sedimentario, letame autoprodotto, zero pesticidi. Le botti e le barrique, di quinto passaggio, hanno il solo scopo di contenere e far respirare il vino. Vengono svuotate e lavate solo con acqua calda, quindi i tartrati, il deposito, resta all'interno, anno dopo anno e costituiscono una madre cui attingono i vini successivi. Se le barrique restano vuote per lungo tempo ci bruciano dentro uno zolfanello, e basta. La solforosa è quella naturale, normalmente tra i 15 e i 20 mg/l, al massimo un piccolo saldo in certe annate dove i rapporti tra acidità, alcol e solforosa naturale non sono ottimali, per avere comunque un totale di 20 mg/l,. Pochi mg all'imbottigliamento, e non sempre. Questo per assicurare un minimo di stabilità al vino, soprattutto  i bianchi che devono viaggiare oltreoceano.
La domanda è sempre la stessa: come è possibile fare vino buono, che possa durare (e dura!) nel tempo, senza aggiunta di solforosa? E' possibile, ma occorre sperimentare molto ed essere disposti a buttare via svariati ettolitri di vino negli anni, intere botti, prima di trovare "la giusta misura", i tempi e le modalità naturali per questa operatività al limite. Proprio quello che ha fatto Fabrizio negli anni novanta.

Le temperature in fermentazione sono lasciate libere. I 2009 rimasti nelle troncoconiche hanno bloccato la fermentazione ad ottobre, causa il brusco abbassamento della temperatura e l'hanno ripresa in primavera 2010, per cui hanno tuttora degli zuccheri da smaltire e non hanno ancora iniziato la fermentazione secondaria, quindi in ritardo rispetto al solito e con necessità di un affinamento più lungo.
Nella cantina, molto spartana e verace, riposano fianco a fianco i bianchi e i rossi, i passiti e il rosè, assieme alla raccolta privata delle vecchie bottiglie non in vendita.
Da botte, partiamo con il bianco 2009, vermentino e malvasia. La malvasia, profumatissima, è ancora soverchiante, la nobiltà del vermentino uscirà alla lunga distanza, riproponendo una sintesi tra dolce e acido, tra bevibilità e capacità di invecchiare bene.
Da bottiglia, in commercio. Il Rosato 2006, quest'anno 60% merlot e 40% malvasia nera (nel 2005 cabernet e malvasia nera), scuro e carnoso, una bocca che si espande e si allunga con un incedere contemporaneamente pieno e fresco, di bevibilità debordante.
Da barrique. La Querciola 2008, 80% sangiovese e 20% alicante, prodotto in ogni annata dal 2002, una delle poche costanti dell'azienda, con volatile e vinosità ma già in grado di esprimere la ricchezza e la profondità del terreno che le vecchie radici hanno potuto estrarre dalle profondità maremmane.
A riposare su barrique vecchie di fine anni '90 (solo due per annata) uno splendido e profondissimo Passito 2009, da uve aleatico.
La Grappa è fatta da Vittorio Capovilla, con distillazione a bagnomaria, integra e profumatissima.
E' affascinante pensare che ogni botte o barrique contiene una madre che è la storia delle annate precedenti. E che il vino, per di più naturalissimo,  riflette questa sosta nella storia delle annate di Massa Vecchia. E questo è solo uno dei mille motivi per cui tornerò presto da Francesca, fosse anche solo per comprare qualche altra bottiglia...


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