lunedì 27 dicembre 2010

FILIPPO CINTOLESI DI PODERE ERBOLO, DA VERTINE A TERNI

La giornata dei chiantigiani del 4 dicembre al Met di Terni è stata densa e ricca di spunti inaspettati. Tra le altre, si sono fatti ragionamenti piuttosto seri su Chianti e chiantigianità. Come prevedibile, Filippo Cintolesi aveva cose interessanti da dire in proposito. Ecco intanto la presentazione della sua piccola realtà vertinese, ricavata dale stesse parole di Filippo:

E' un podere, una realtà di circa 12 ettari, diventata azienda da quando, nel 2004, ho deciso di imbottigliare questo vino che si è sempre fatto. La mia famiglia ha comprato quel podere nel 1965, trovando una realtà che è sempre rimasta quella. Si faceva il vino prima e lo si è continuato a fare. Si producono vino ed olio, come è tradizione nel Chianti.
Con l'aiuto di Andrea Pagliantini, ho deciso di provare ad imbottigliare. Senza Andrea questo vino sarebbe stato diverso e probabilmente non sarebbe neanchè stato imbottigliato.
All'epoca facevo altro, mi occupavo di scienza in Inghilterra, anche se avevo già deciso che ben presto avrei mollato tutto e sarei tornato a fare queste cose. Così è stato, sono tornato ed ho trovato una realtà parecchio indurita, con più difficoltà.
La vigna è due ettari scarsi, in produzione adesso meno di uno, causa estirpo e reimpianto. Sto cercando di ricostituire la coltura promiscua vite-ulivo esattamente come era prima, con i terrazzamenti che erano stati abbandonati alla fine degli anni '70, sostanzialmente perchè era diventato troppo onerosa condurla. La vigna attualmente in produzione è quella impiantata agli inizio degli anni '70. Le viti sono quelle che si sono sempre usate in zona: grossa preponderanza di sangiovese al 70-75%; canaiolo; appena un po' di colorino (frutto a bacca nera con succo scuro; da colore, come dice il nome); il resto a uva bianca, particolarmente malvasia, e un po' di trebbiano. Le percentuali che finiscono nel vino variano di anno in anno.
La forma di allevamento è a capo e razzolo, si fa il capo e si lascia il razzolo a due occhi. Altrove più noto come guyot. Sono viti piuttosto vecchie per cui quando capita di vedere una vigna un po' stenterella la si cordona, si lascia il capo dov'è, si porta a due occhi, due o tre speroni e si guarda se viene un cordoncino.
Fino al 2004 compreso si faceva il governo, quindi questa pratica è testimoniata nel vino che si trova nella prima annata imbottigliata. Dal 2005 ho rinunciato temporaneamente a questa pratica, ripresa poi nel 2008. Il governo toscano, pratica molto onerosa, consiste nello scegliere le uve migliori prima dela vendemmia, tagliando in due punti in modo da lasciare un pezzettino di tralcio, lasciarle appassire per 3-4 settimane accanto alle uve da vin santo sui graticci. Dopo la svinatura del resto - che 30-40 anni fa significavano 10-15 gg al massimo, fermentazioni piuttosto sbrigative - si prende l'uva lasciata ad appassire, si schiccola chicco per chicco a mano (con il grappolo secco non si può certo diraspare!) e si butta tutto sulle bucce, insieme al vino svinato. Li si tiene fino alla primavera, inducendo una lenta rifermentazione. E' una specie di ripasso, era una pratica usata in tutto il Chianti, poi diffusa a tutta la Toscana, prima di essere successivamente abbandonata.  Era un modo per rendere il vino più pronto, beverino, anche con un po' di anidride carbonica in più. Non si sapeva certamente all'epoca ma era un modo per indurre la fermentazione malollatica in maniera naturale, mettendo insieme un vino fatto con una nuova carica di lieviti, di batteri, lo fai rifermentare tenendo quindi una temperatura naturalmente più alta.
http://www.youtube.com/user/enoclubsiena?feature=mhum

mercoledì 15 dicembre 2010

Un sabato tardo autunnale da Ampeleia


Se ogni giorno passasse in maniera così piacevole, la vita sarebbe davvero molto soave.
Dopo molti accordi e rinvii, finalmente troviamo un sabato adatto per ricambiare visita ad Ampeleia, nell'azienda che rappresenta l'avventura maremmana di Elisabetta Foradori e dei suoi amici, Thomas Widmann e Giovanni Podini.  
Abbiamo conosciuto Simona Spinelli (la  responsabile dell'amministrazione) e Marco Tait (l'enologo) non a Roccatederighi bensì a Radda in Chianti diversi mesi fa, in occasione di un pomeriggio tra visite da Michele Braganti a Monteraponi e da Paolo Cianferoni a Caparsa. Simona e Marco vennero a trovarci apposta, quasi un'improvvisata, per conoscere il nostro gruppo e confrontarsi senza rete. Fu un attegiamento propositivo che apprezzammo molto, particolarmente durante  l'avventurosa cena a Le Panzanelle, insieme a diversi produttori, amici, appassionati ed operatori del comprensorio chiantigiano, con una degustazione cieca totale random di vini dalle provenienze disparate, molto divertente.
La strada per Roccastrada scorre veloce, sul pulmino di Paolo si viaggia bene. Non sarà l'ultimo modello ma è bello poter parlare e confrontarsi tutti assieme, con un unico mezzo. Dal bivio per Civitella cominciano le curve e si entra in un entroterra che sa molto più di bosco collinare che di mare. E' la Maremma meno nota ed esplorata, quella del Monteregio, cui fa riferimento Massa Marittima. E' destino che i migliori vini di quest'area rinuncino alla DOC, scelta che Ampeleia condivide con Massa Vecchia, per esempio.
Il tratto finale da Montemassi sale con decisione e il cancello di ingresso è proprio davanti ad una bella visione panoramica del borgo di Roccatederighi; subito sotto di noi le vigne a cabernet franc. Simona e Marco sono lì ad aspettarci, è bello rivedersi e incontrare Leonardo, il vignaiolo. Ognuno di loro ha un approccio e un carattere che si riflette nel proprio ruolo in azienda. Simona socievole e raggiante, con uno sguardo che esprime sincera disponibilità all'ascolto. Marco attento e veloce, con un'intelligenza puntuta, efficienza e precisione. Leonardo semplice e sereno, abituato a dialogare con la natura e le sue avversità; Paolo si intratterrà molto con lui sulle varie problematiche di vigna. Mi sorprenderò più volte ad osservarli mentre discorrono assieme, compiaciuto.

Il tempo per un paio di convenevoli e subito si sale su un altro van per il giro ad Ampeleia di Mezzo, le vigne dove si coltiva in massima parte sangiovese. Il viaggio è lungo, e qui mettiamo a fuoco la prima anomalia, quasi una pazzia: le vigne si dispongono su 38 ettari circa ma le aree non sono compattate o vicine, bensì distanti decine di chilometri l'una dall'altra. Il progetto è visionario fin dalle scelte iniziali. Prima l'idea di vino, poi la scelta dell'area, infine le vigne. Il tutto ha un sapore snob, estremamente intellettuale, quasi volutamente anti-commerciale e volutamente irrazionale nei principi. Un cercare la strada meno facile, meno banale, il percorso lungo e difficile, quello che può dare le migliori soddisfazioni se si raggiungono le mete ambite, ma anche foriero di possibili e tremende delusioni durante il percorso. E' certamente nobile l'approccio non modaiolo, lento e riflessivo, non una posa bio qualcosa ma un un avvicinamento progressivo alla biodinamica (di cui la Foradori è veterana in Italia), da affrontare per gradi e con le dovute verifiche nel tempo, per un'azienda molto giovane cui va concesso tempo. Tempo agli artefici, tempo alla vigne, tempo ai prodotti per trovare una loro forma definitiva.
E' una bella giornata di inizio dicembre, le nuvole passano e coprono ogni tanto un bel sole tiepido. All'ombra si avverte un vento freddo ma non ancora rigido. Tempo ideale per riuscire a dare un'occhiata alle vigne. 
Spoglie, già cimate, a riposo e pronte per la potatura. Ci soffermiamo a lungo sui particolari tecnici, sul sovescio, sui pochi trattamenti necessari, le macchine usate. Esce fuori anche un interesante ragionamento sulla vendemmia manuale e meccanica. Hanno sperimentato sia l'una che l'altra, arrivando alla conclusione che la qualità dell'uva era identica. Le vendemmiatrici meccaniche di ultima generazione hanno dei sensori che consentono di lavorare molto lentamente, raccogliendo solo uva e solo quella a giusta maturazione, consentendo un risparmio di costi e addirittura evitando di avere su nastro l'uva meno matura o con muffe. Per un purista dell'artigianale e del piccolo, come me, il discorso suona duro da digerire,ma devo ammettere che il ragionamente appare corretto e stringente, soprattutto se ragioniamo di un'azienda di medie dimensioni ch può permettersi di investire su uno strumento moderno e con possibilità di tararlo su una vendemmia molto soffice, lenta e precisa.
Riprendiamo la strada del centro aziendale, a circa 20 chilometri. Mentre osserviamo le vigne di Ampeleia di Sotto, ripensiamo ancora alla coraggiosa scelta di vinificare uve proveniente da tre appezzamenti così distanti, con chiare difficoltà logistiche e molti tempi-spese aggiuntive.
Di nuovo in azienda, per affrontare gli assaggi, nel bel gazebo vetrato. Partiamo con i monovarietali 2009. Si tratta di una buona annata e la qualità delle uve dovrebbe costituire una buona base per i blend. Colori che generalmente puntano al violaceo-rubino, vista la giovane età del liquido.
Grenache 2009 - Naso straordinariamente espressivo, mediterraneo, ginepro e mirto in primo piano. Vino femmineo, con note dolci, volendo quasi da fine pasto. Di grande impatto, potrebbe stancare alla lunga ma è certamente un vino pronto e che potrebbe dare buone soddisfazioni commerciali.
Carignano 2009 - Più austero, ma sempre ben profumato, su registri più seri. Viene da pensare che sia un peccato non sfruttare le qualità timbriche di questi vini, il consiglio che ci viene spontaneo è quello di provare una strada parallela che preveda l'uscita in commercio progressiva di piccole partite di questi monovitigno.
Mourvedre 2009 - Più chiaro. Speziato, visciole al naso. Di attacco peposo e progressione lieve, con buon finale in pacata dissolvenza. Normalmente usato come vino da taglio, in realtà non sfigurerebbe in purezza.
Marsellan 2009 - Incocio tra cabernet sauvignon e grenache. E' un vino austero e serio, parente molto stretto del  CS, particolarmente per gli accenni di peperone.
Sangiovese 2009 - Ovviamente riconosciuto da tutti alla cieca. Un ottimo naso, presente e con buona progressione in bocca, con un tono comune con gli altri monovitigno, tanto che viene da pensare al terroir, dato che non c'è influenza del legno
Sangiovese 2010 - Servito alla cieca, non viene immediatamente riconosciuto come sangiovese. Chiuso al naso, più piatto in bocca. Risente sia della recente vinificazione che dell'annata meno felice (seppur con meno problemi rispetto al Chianti)
Cabernet Franc 2009 - Ben riconoscibile alla cieca, certamene più nobile di un cabernet sauvignon, è deciso, intenso, austero, avvolge la lingua e il palato con decisione. Base di maggioranza dell'Ampeleia, verrà usato anche per un prossimo blend, con CF al 20%  insieme ad una parte importante di merlot; prima uscita 2007, previste 2000 magnum, probabilmente solo vendute in azienda
Merlot 2009 - Buon varietale, parte compresso e si apre pian piano. Tratti personali, potrebbe essere un buon monovitigno da imbottigliare singolarmente, almeno in questa annata
Ragioniamo quindi anche dei risultati raggiunti nella sperimentazione del corretto dosaggio dei vari vini. ci divertiamo anche a fare dei mix sul momento. Un giochino che potrebbe trattenerci per ore, senza stancarci.
 Passsiamo ai risultati finali, alle scelte dell'enologo. Kepos significa "giardino", in greco; Ampeleia rappresenta la vite (ampelos).
Kepos 2008 - Immediato, con naso vivissimo, certamente pronto e di facile beva, vista la minor complessità del blend
Ampeleia 2007 - Arrivare al blend di punta dopo aver fatto il percorso dei monovarietali aiuta la completa comprensione del vino, delle sue sfaccettature e della sua indubbia originalità. Me lo ricordavo ancora duro, qualche mese fa, adesso direi molto più piacevole, più avanti nell'affinamento. Il naso rispecchia l'ampio ventaglio mediteraneo, con un mix di piante di macchia costiere. In bocca una buona sintesi, dove le spigulature lasciano il posto ad una beva importante e non banale
Ampeleia 2008 - Appena imbottigliato, cabernet sauvignon preponderante sia al naso che in bocca, gli altri vitigni per adesso sono molto compressi. Ne riparleremo tra un anno circa..

Un ringraziamento particolare a Stefania Pianigiani, tutte le foto sono state scattate da lei.

giovedì 9 dicembre 2010

VINO NELLA REPUBBLICA DI SIENA, TRA PASSATO E PRESENTE

Mi fa piacere segnalare la pubblicazione di un libro da parte di un nostro socio Enoclub: Luca Bernazzi, senese e appassionato di storia medievale della nostra terra.
Il libro si intitola Gabellieri itineranti. E' il racconto di due gabellieri della Balzana., funzionari della Repubblica di Siena nel periodo medievale, quello di massimo splendore per la città e di espansione sul territorio. Avevano il compito di vigilare sulla corretta mescita del vino e riscuotere le gabelle nel caso vi fossero adulterazioni o contraffazioni. L'itinerario dei due ufficiali tocca luoghi medioevali ancora esistenti,  a cavallo tra le attuali province di Siena e Grosseto, un viaggio enologico tra la val di Merse, l'Amiatino, le Colline Metallifere.


Al capitolo 9 troviamo la storia del loro passaggio dal Castello di Potentino
Per pura combinazione, domenica 19 Dicembre passeremo una giornata nell'azienda di Charlotte Greene, nei pressi di Seggiano.
L'area del Montecucco, luoghi bellissimi e vini ancora sottovalutati qualitativamente. E' un territorio che è giusto conoscere e mi fa piacere andare proprio da Charlotte come primo approccio. La produttrice inglese è un sicuro baluardo a difesa delle speculazioni edilizie, più o meno occulte, tentate attorno alla Conca d'Oro nell'area del Montecucco, Seggiano-Cinigiano.
Questa estate avevo preso molto a cuore la vicenda delle intimidazioni a Poggio Velluto (a pochi metri), con le viti tagliate appena prima della vendemmia. E' giusto andare a conoscere da vicino quelle realtà e i rischi che possono correre.
Subito una standing ovation per l'incipit che si trova sul sito:
Il nostro intento e' di utilizzare il castello per
                                     la promozione di valori non barbarici
Grande Charlotte, sono entusiasta di venire a trovarti in azienda! Neve permettendo...
 

.. se n'è andato Tommaso Canale



Tommaso Canale era un piccolo produttore di barolo in Serralunga, proprietario di due ettari nel cuore della Vigna Rionda. I suoi due ettari erano considerati il Romanee Conti delle Langhe. Bruno Giacosa ha comprato le uve da lui e suo padre Aldo fino al 1993. Le riserve di Collina Rionda sono vini unici, in assoluto tra i più grandi che abbia realizzato Bruno Giacosa, adesso veri oggetti da collezione.
Tommaso faceva il barolo per sé e qualche amico, il resto lo vendeva a Roagna, storica azienda di Barbaresco che imbottigliava il vino come barolo Vigna Rionda. 
Tommaso viveva da solo nella sua casa nel centro storico di Serralunga, quella dei suoi genitori dove lui è cresciuto. Entrare in casa sua, o anche in cantina, era come usare la macchina del tempo. Scatti fotografici degli occhi impressi nella mia mente di luoghi che potevano essere paragonati ad un secolo fa, tali e quali.
L’ho sentito l’ultima volta per telefono circa un mese fa, durante la fine della vendemmia. Era sereno e contento per la buona uva di quest’anno. L’avevo salutato promettendo di tornare presto a trovarlo. Se ne è andato per un problema cardiaco pochi giorni fa.
Lo ricordo in piedi sulla scala appoggiata alle botti con “ la ladra” in mano ( lui chiamava “ladra” la pipette per prelevare il vino ). 

Immancabilmente faceva fare la verticale di 5 o 6 annate del suo barolo agli amici che lo andavano a trovare. Una volta chiesi l’età delle sue viti e mi rispose che ne aveva di giovani e vecchie … le “giovani” erano state piantate nel 1978. Sorridendo per la sua affermazione gli chiesi .. ma Tommaso se quelle “giovani” sono del 78 quanti anni hanno quelle vecchie ? … usando il suo classico intercalare mi rispose … effettivamente … hanno circa 60 anni … Addio Tommaso
Francesco Sarri

giovedì 2 dicembre 2010

UN BEL POMERIGGIO A MONTALCINO, CON TANTI CAMPIONI DELLA BUONA TOSCANA

Un primo ricordo della bella giornata passata insieme agli amici del nostro gruppo, un paio di settimane fa, in rappresentanza dei produttori raddesi premiati dalla guida ma assenti alla rassegna regionale Slow Wine di Montalcino. Come Enoclub Siena facevamo le veci di Martino Manetti di Montevertine, Paolo Cianferoni di Caparsa e Roberto Bianchi di Val delle Corti. Un onore e un privilegio poter servire Le Pergole Torte 2007, il Rosso di Caparsa 2009 e il Chianti Classico 2007 di Val delle Corti. Accanto a noi Michele Braganti (che ad un certo punto del pomeriggio ha estratto il Baron'Ugo 2006, non so da quale anfratto), di fronte Castellinuzza e Piuca, Castello di Monsanto e Susanna Grassi de I Fabbri, da Lamole (e dall'Emilia) con il cuore. Per un gruppo di appassionati di sangiovese, non esiste compagnia migliore e le quattro ore sono sembrate davvero poche per contenere il flusso incredibile di pensieri, opinioni, informazioni, facce, saluti, sorrisi e strette di mano. Il tutto intervallato sempre e solo da vini entusiasmanti. Grande giornata!


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