Tramonto sul Tirreno, spiaggia di Marina di Grosseto. Ogni sera è diverso. Per Ferragosto fu fantastico, perfetto: il sole atterrò sull'acqua come una palla di fuoco, esattamente nel lembo di mare a metà tra il profilo del promontorio che termina con Punta Ala e l'Isola d'Elba, in un cielo limpidissimo. Un' altra sera creò un fascio a raggera che tagliava i bordi di una nuvola grigia. E una volta sparì dietro la foschia molto presto, lasciando un po' di amaro in bocca a chi si era appostato sulla battigia per assistere al maestoso spettacolo di luci naturali. Ogni sera c'era attesa: vediamo come tramonta stasera...
Francesca ci da appuntamento a metà pomeriggio. Ci attende pazientemente fuori dalla cantina. Pazienza, disponibilità, attenzione: atteggiamenti inusuali, parole importanti, con un rimando esatto quando si vestono attorno ad una giovane produttrice che fa della "coerente incoerenza", o "coerenza incoerente", un baluardo e un simbolo di libertà espressiva. Le radici sono importanti, dirà in cantina tra un sorso e l'altro. La terra d'origine, il continuo confronto amorevole tra uomo e natura. La base da cui partire per la sperimentazione, o meglio, per gli adattamenti che la natura richiede ogni anno. Si prova, si cambia, si scarta, si prende, si aggiusta. E ogni anno si raggiunge una linea di vini prodotti che è l'esatta figlia del lavoro fisico e mentale di un anno tra vigna, cantina e aria, dove i pensieri possono diventare castelli. Ma che a Massa Vecchia si concretizzano quasi sempre in bottiglie artigianali che possono definirsi "pezzi unici", "opere d'arte irripetibili", un vino fatto unicamente con mani e pensiero e mai con le macchine. La linea dei vini si modifica ogni anno, anche se da almeno dieci anni Fabrizio e Patrizia prima, Francesca adesso, tendono a offrire la gamma completa: bianco, rosato, rosso, passito, grappa. Letti così sembrano un elenco burocratico di una qualunque produzione industriale. Niente da fare. Anche qui tutto è mutabile. Le bottiglie sono poche, in tutto 14.000. Capita l'anno in cui i bianchi non vengono fatti (come nel 2008, pessima annata) oppure se ne fanno due; il rosato è a base di cabernet sauvignon con aggiunta di malvasia nera (nel 2005) oppure merlot e malvasia (nel 2006, ultima uscita); il vino da tavola è un taglio bordolese oppure sangiovese. Come giocare a 1-2-3 stella, ogni volta che riapri gli occhi (il tempo tra una visita e l'altra) e devi scoprire con i tuoi occhi cosa si è spostato, cosa c''è di diverso nella micro-produzione di Massa Vecchia.
Sono venuto per osservare, per parlare con Francesca e per assaggiare. Non ripartirò deluso.
Come si sa, siamo proprio sotto Massa Marittima, poco prima degli ultimi chilometri per il mare, per Follonica e Scarlino. Quando ero ragazzo passavo davanti al cartello giallo "Massa Vecchia", probabilmente lo stesso di oggi, è mi chiedevo cosa ci fosse su per quella stradina. Mi immaginavo scavi etruschi o resti alto-medievali o chissà cos'altro. Solo in età matura scopro che se venti e più anni fa avessi avuto la curiosità di svoltare e percorrerla quela stradina, avrei forse trovato Fabrizio Niccolaini intento a fare esperimenti con le prime uve o a lavorare in vigna, stivali nel fango.
Ma torniamo ad oggi, senza scorgere particolari cambiamenti negli intenti, rispetto ai primi tempi pionieristici.
Gli interventi nei piccoli appezzamenti, 3 ha a circa 200 mt slm, sono ridotti al minimo: tutto è manuale, sovescio a febbraio su terreno piano e fondo calcareo e sedimentario, letame autoprodotto, zero pesticidi. Le botti e le barrique, di quinto passaggio, hanno il solo scopo di contenere e far respirare il vino. Vengono svuotate e lavate solo con acqua calda, quindi i tartrati, il deposito, resta all'interno, anno dopo anno e costituiscono una madre cui attingono i vini successivi. Se le barrique restano vuote per lungo tempo ci bruciano dentro uno zolfanello, e basta. La solforosa è quella naturale, normalmente tra i 15 e i 20 mg/l, al massimo un piccolo saldo in certe annate dove i rapporti tra acidità, alcol e solforosa naturale non sono ottimali, per avere comunque un totale di 20 mg/l,. Pochi mg all'imbottigliamento, e non sempre. Questo per assicurare un minimo di stabilità al vino, soprattutto i bianchi che devono viaggiare oltreoceano.
La domanda è sempre la stessa: come è possibile fare vino buono, che possa durare (e dura!) nel tempo, senza aggiunta di solforosa? E' possibile, ma occorre sperimentare molto ed essere disposti a buttare via svariati ettolitri di vino negli anni, intere botti, prima di trovare "la giusta misura", i tempi e le modalità naturali per questa operatività al limite. Proprio quello che ha fatto Fabrizio negli anni novanta.
La domanda è sempre la stessa: come è possibile fare vino buono, che possa durare (e dura!) nel tempo, senza aggiunta di solforosa? E' possibile, ma occorre sperimentare molto ed essere disposti a buttare via svariati ettolitri di vino negli anni, intere botti, prima di trovare "la giusta misura", i tempi e le modalità naturali per questa operatività al limite. Proprio quello che ha fatto Fabrizio negli anni novanta.
Le temperature in fermentazione sono lasciate libere. I 2009 rimasti nelle troncoconiche hanno bloccato la fermentazione ad ottobre, causa il brusco abbassamento della temperatura e l'hanno ripresa in primavera 2010, per cui hanno tuttora degli zuccheri da smaltire e non hanno ancora iniziato la fermentazione secondaria, quindi in ritardo rispetto al solito e con necessità di un affinamento più lungo.
Nella cantina, molto spartana e verace, riposano fianco a fianco i bianchi e i rossi, i passiti e il rosè, assieme alla raccolta privata delle vecchie bottiglie non in vendita.
Da botte, partiamo con il bianco 2009, vermentino e malvasia. La malvasia, profumatissima, è ancora soverchiante, la nobiltà del vermentino uscirà alla lunga distanza, riproponendo una sintesi tra dolce e acido, tra bevibilità e capacità di invecchiare bene.
Da bottiglia, in commercio. Il Rosato 2006, quest'anno 60% merlot e 40% malvasia nera (nel 2005 cabernet e malvasia nera), scuro e carnoso, una bocca che si espande e si allunga con un incedere contemporaneamente pieno e fresco, di bevibilità debordante.
Da barrique. La Querciola 2008, 80% sangiovese e 20% alicante, prodotto in ogni annata dal 2002, una delle poche costanti dell'azienda, con volatile e vinosità ma già in grado di esprimere la ricchezza e la profondità del terreno che le vecchie radici hanno potuto estrarre dalle profondità maremmane.
A riposare su barrique vecchie di fine anni '90 (solo due per annata) uno splendido e profondissimo Passito 2009, da uve aleatico.
La Grappa è fatta da Vittorio Capovilla, con distillazione a bagnomaria, integra e profumatissima.
E' affascinante pensare che ogni botte o barrique contiene una madre che è la storia delle annate precedenti. E che il vino, per di più naturalissimo, riflette questa sosta nella storia delle annate di Massa Vecchia. E questo è solo uno dei mille motivi per cui tornerò presto da Francesca, fosse anche solo per comprare qualche altra bottiglia...
E' vero Davide...anche io ho percorso quei luoghi nell'infanzia, prestando gia' attenzione all'ambiente visitato dagli occhi. E ricordo benissimo quel cartello “Massavecchia”, di colore giallo, mai intenso e subito opaco, quasi a presentare sin dai suoi primordi la filosofia dell'Azienda. Nessuno sfarzo, pochi fronzoli e solo idee sane, creative e pur sempre nel rispetto del naturale ciclo biologico di ogni essere. Animale o vegetale, poco importa!
RispondiEliminaScoprire, a distanza di anni - venti per l'esattezza -ch quel cartello vive sempre, con gli stessi colori e esprimendo lo stesso fascino, stimola ancor più la curiosita' di studiare cosa si manifesta dietro, quello che e' creato all'interno. E allora, segue una visita, un percorso senza eguali nella maremma, ove si sentono valori etici, sociali, vivi e pronti a emozionare la tua persona. Massavecchia, il fulcro di di sincera cultura di una coltura, la vite, che e' custodita con passione e determinazione. Il prodotto di un duro lavoro di campo, si trasforma in succo di un insolito profumo, tanto e' naturale, etereo nella persistenza gustolfattiva e affascinante nel ricordo dell'assaggio. Storia, passione, dedizione, spirito di abnegazione, coraggio e bella determinazione, fanno di Francesca un punto saldo e inscindibile di Massavecchia. Complimenti Francesca.
E a Lei, desidero esprimere un vivo, grazie! Emozioni tali si provano raramente. Prenoto anche io l'ulteriore visita...non si puo' non assaggiare e poi conservare i bianchi, cara Francesca.
Saluti vinosi e naturali,
Bruno Forieri.
La quasi contemporaneità (sarebbe stata contemporaneità se non che è molto complicato il reperimento dei prodotti massa vecchia a torino)dei due interventi su Massavecchia, secondo me sottende a una nuova volontà di ricerca di vini con l'anima o almeno con qualcosa da dire o da da far dire.
RispondiEliminaforse siamo stufi delle barbie wine.
bel post, l'avessi scoperto prima copiavo.
ti aspetto a torino davanti a una pappa al pomodoro del Bordò (per me Sabaudo è ottima).
luigi
www.gliamicidelbar.blogspot.com
chi di geografia colpisce di geografia perisce.
RispondiEliminanel post di F.Sarri il barolo di Rinaldi è Cannubi (famosa collina di Barolo) e non Cannubio.
al di là del mot d'esprit il tuo è un interesantissimo blog.
con augurio
luigi